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VINI RITROVATI: Il racconto sulla riscoperta dell'uva Fogarina nella Bassa Reggiana

"Documenti da me consultati provano che questo mosto veniva esportato in tutta Italia ed anche all’estero per rianimare e vinificare vini scialbi e bassi, o anche per vini eletti ma mancanti di acidità o per “dare colore agli altri vini poco colorati".

Giuseppe Caleffi

L’idea di reimpiantare l’uva Fogarina venne a metà degli anni ’90 a Giuseppe Caleffi, imprenditore della ristorazione e cultore del vino di origine gualtierese, ripensando ad un racconto del padre Celestino sulla nottata di santa Lucia. Questo è quello che ci racconta: “Ero ancora bambino, era il giorno dopo San Martino, mio padre tornò a casa per cena (sicuramente aveva fatto tappa all’osteria…) dove l’attendevano mia madre, con ansia, e il signore che aveva acquistato l’uva Fogarina della nostra prima vendemmia. “A no mei vest tanti sold cme cla sira lè ( non ho mai visto tanti soldi come quella sera)” ricorderà sempre mia mamma ricordando il marito Celso che contava i soldi con il compratore. E quell’anno, quando arrivò santa Lucia io e mia sorella ci ritrovammo al mattino con tanti giocattoli. Cosa che non era mai accaduta prima!”. Io poi ero venuto spesso a contatto con un vino di uva Fogarina prodotto in purezza da un contadino di Pieve di Gualtieri, tale Dino Piccinini, dove mi recavo spesso a chiacchierare e discutere di politica con un mio amico. Eravamo un po’ come i quattro amici al bar cantati da Gino Paoli per cui “…si parlava con profondità di anarchia e di libertà…” il tutto accompagnato da questo vinello di un colore rosato scuro, leggermente asprigno, anche se in modo non stucchevole e che quando si apriva la bottiglia “scappava” quasi sempre e la cui schiuma, rossissima, fuoriusciva quasi sempre dai bicchieri bassi e tozzi tipici degli anni ’50

Questo contadino fu l’ultimo a togliere la vitis di uva Fogarina sia per la scomodità della vendemmia, che cominciava sempre alla fine d’ottobre (l’uva Fogarina è infatti un’uva a maturazione tardiva), sia per approfittare degli incentivi che venivano dati a chi…toglieva vigneti ! Perché, cominciai a chiedermi, un’uva che aveva rappresentato tale ricchezza per il territorio, era andata progressivamente a scomparire ? Si pensi che nel 1925 (quindi in pieno ventennio) si costituì addirittura una “Cooperativa Fra Produttori di Uva Fogartina - Cantina Sociale” inaugurata, nientemeno, che da Benito Mussolini il 30 ottobre del 1926 durante la sua visita a Gualtieri. La costruzione fu posta proprio vicino allo scalo ferroviario di Gualtieri per favorire l’esportazione come mosto e come uva da pasto invernale sia in Italia che all’estero. 

La Fogarina ha un’acidità fissa grandissima su 13- 14° per litro (acido tartarico). Ecco perché anche i nostri contadini avevano cominciato ad usarla come uva da taglio per i lambruschi. Solo chi se lo poteva permettere la produceva in purezza per berla poi in occasioni speciali o…a colazione intingendovi polenta abbrustolita nei mesi invernali. Oltre a questo mi colpirono anche i racconti e gli scritti che trovai sul suo arrivo a Gualtieri: la prima barbatella fu trovata proprio fra la confluenza del Crostolo con il Po, un’uva "regalata" dal fiume ai miei concittadini: un’origine leggendaria e io, chi mi conosce lo sa, amo le leggende. Quale il terreno che predilige ? Naturalmente quello del ritrovamento, il terreno “golenale”, quello compreso tra l’argine maestro e il letto del Po e soggetto alle sue (piccole) piene. Quante e quali qualità di fogarina ? La tradizione orale ci parla di tre tipi: a raspo rosso e foglie gialle alla vendemmia, a raspo rosso e foglie rosse e a raspo e foglie verdi, sempre alla vendemmia. Com’è possibile che da un’unica barbatella derivino diverse qualità ? Da caratteristiche assunte in funzione dell’ambiente, così, almeno spiegano gli studiosi Cosmo e Polsinelli. Un giacimento enologico di tale portata doveva rivivere! 

Con mio cugino Alberici Amilcare, vignaiolo per tradizione familiare, ci lanciammo alla ricerca di viti sopravvissute fra i filari dei contadini, per poter procedere all’innesto e al reimpianto. Nel 1997 l’avventura ebbe inizio, nel 2000 la prima vendemmia e nel 2001 le prime 2000 bottiglie. Poi la decisione di riproporre un vino della tradizione, quindi taglio con lambrusco e ancellotta. Successivamente Incontri e assaggi con Gino Veronelli che ci consigliò di mantenere sì la tradizione, per destinarla ad accompagnare i cappelletti e i nostri “più grassi” piatti tradizionali per temperarli, ma di osare a ricreare un vino più “robusto”, da invecchiamento. Oggi l’Azienda vitivinicola Alberici produce il vino di cui parlavo sopra, mentre La Cantina Sociale, cui conferiscono 12 produttori di Gualtieri, presenta una fogarina frizzante in purezza e un passito.